🇪🇸🇲🇦 Ceuta e Melilla: le exclavi spagnole in Africa
Gli strumenti del Marocco per fare pressione sulla Spagna; scopri il nuovo eBook di Aliseo
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🇪🇸🇲🇦 Ceuta e Melilla: quando il confine diventa arma
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🇪🇸🇲🇦 Ceuta e Melilla: quando il confine diventa arma
di Daria Petrucci
Il 26 luglio 2025, circa cinquanta minori e una trentina di adulti di nazionalità marocchina hanno affrontato il tratto di mare che separa il Marocco da Ceuta, una delle due enclavi spagnole in Nord Africa.
Non è la prima volta che i cittadini nordafricani decidono di affrontare la traversata verso l’Europa, tentando di oltrepassare quella sottile linea marittima che separa disperazione e speranza.
La cronaca diventa così finestra su una questione geopolitica sospesa: quella di Ceuta e Melilla.
I due territori di sovranità spagnola, retaggio dell’epoca coloniale, oggi rappresentano gli unici confini terrestri tra Africa e Unione Europea, rappresentando, di conseguenza, dei poli sensibili della pressione migratoria che, nel corso degli ultimi anni, sono stati al centro di tensioni tra la Spagna e il Marocco.
Un’anomalia geopolitica: due città spagnole a sovranità contesa in territorio Nordafricano
Ceuta e Melilla sono due città autonome della Spagna situate sulla costa settentrionale del Marocco. Proprio questa ambivalenza le pone costantemente al centro di frizioni tra Europa e Africa.
Gli spagnoli occuparono militarmente Melilla durante la Reconquista, nel 1497. Ceuta passò sotto sovranità spagnola con il Trattato di Lisbona del 1668, con il quale il Portogallo la cedette a Madrid.
Durante il periodo del protettorato spagnolo in Marocco, formalizzato con la firma della Convenzione di Madrid (1912), Ceuta e Melilla, erano già considerate come territori integrati nello Stato spagnolo, giuridicamente distinti dalle altre città della fascia settentrionale della costa marocchina, considerate come aree amministrate o semplici zone di influenza.
Questo status di città con piena sovranità e rango militare (plazas de soberanía) fu un elemento che rafforzò la continuità storica della presenza spagnola in quei luoghi, sui quali Madrid ha saldamente mantenuto il possesso fino ad oggi.
Rabat non ha mai riconosciuto la sovranità spagnola sulle due città, considerandole territori usurpati e occupati, riferendosi a loro come enclavi coloniali o guarnigioni straniere nei comunicati ufficiali.
Sebbene siano parte integrante del territorio spagnolo, le due città aderiscono all’Accordo Schengen con uno status particolare e unico, che non si applica ad altri territori spagnoli oltremare, come le isole Canarie.
Il confine con il territorio marocchino è protetto da recinzioni metalliche alte circa sei metri. Le barriere di separazione, pattugliate dalla Guardia Civil e dai funzionari di Frontex, sono state in parte finanziate dall’Unione Europea, nell’ambito delle politiche di gestione e protezione delle frontiere esterne dello spazio comunitario, confermando il ruolo delle due città come veri e propri avamposti europei nel continente africano.
Sebbene Ceuta e Melilla non siano oggetto di una controversia internazionale formalmente inquadrata in seno alle Nazioni Unite, come avviene, ad esempio, per Gibilterra, la loro esistenza alimenta una tensione costante tra Spagna e Marocco.
Rabat rivendica le due città in una prospettiva irredentista legata alla costruzione di uno Stato unitario, fondato sui confini “naturali” o “storici” del Marocco. Tali rivendicazioni, pur prive di una base giuridica universalmente riconosciuta, hanno un forte impatto politico e simbolico, alimentando un contesto di permanente ambiguità diplomatica.
La traversata verso l’Europa: la pressione migratoria come strumento di pressione
Il 26 luglio 2025 circa ottanta cittadini marocchini, tra minori e adulti, hanno raggiunto a nuoto il territorio spagnolo in condizioni proibitive, mare mosso e nebbia fitta, aggirando la barriera di confine lunga 8 km che separa la città di Ceuta dal continente africano, per giungere lì dove l’Europa comincia.
Non è la prima volta che accade, episodi di questo tipo si verificano di frequente. Il più emblematico risale al maggio del 2021, quando circa 8 mila migranti sono entrati a Ceuta in meno di 72 ore, dopo che il governo marocchino aveva volontariamente allentato i controlli di frontiera, permettendo a migliaia di persone di attraversare il confine e raggiungere la città.
All’origine della decisione di Rabat, una crisi diplomatica: la Spagna aveva accolto in territorio europeo Brahim Ghali, leader del Fronte Polisario, organizzazione militante e un movimento politico attivo nel Sahara Occidentale che lotta al fine di ottenere l’autodeterminazione del popolo saharawi.
L’autoproclamata Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi si oppone all’annessione del territorio saharawi da parte del Marocco, ingaggiando una guerriglia contro il governo di Rabat tutt’ora in corso.
Nonostante l’intermediazione diplomatica e gli sforzi degli organismi internazionali, infatti, il conflitto rimane ancora oggi irrisolto e la tensione è alta.
Alla notizia del ricovero di Brahim Ghali in un ospedale spagnolo, Rabat rispose aprendo il confine, trasformando il flusso migratorio in uno strumento di pressione geopolitica.
Nel giugno 2021 il Parlamento europeo condannò l’accaduto qualificando il rilassamento dei controlli di frontiera come un atto di grave ingerenza nei confronti di uno Stato membro dell’Unione e denunciando l’utilizzo strumentale dei minorenni da parte delle autorità marocchine.
Rabat respinse formalmente la risoluzione del Parlamento, sostenuto in particolar modo dall’Assemblea parlamentare associata alla Lega Araba che condannò la risoluzione e accusò l’Unione di interferenza provocatoria negli affari bilaterali tra i due Stati.
Gli episodi di Ceuta rientrano in uno schema più ampio, in cui la gestione dei flussi migratori diventa leva diplomatica, un meccanismo informale ma efficace per esercitare pressione su un partner europeo.
Il modello è stato ripetuto più volte negli ultimi anni, prendendo di mira non solo le due enclavi nordafricane ma anche le Isole Canarie, distanti pochi chilometri dalla costa occidentale del Marocco, al punto da suscitare episodi di respingimento forzato da parte del governo spagnolo.
Nonostante quanto accaduto a Ceuta nel 2021 resti un esempio nitido di migrazione usata come strumento di pressione, l’episodio del 26 luglio mostra come le enclavi spagnole siano ben più di confini geografici: spazi simbolici dove storia e politica si intrecciano, spesso a scapito della dimensione umana, sacrificata alle logiche di forza.
Non si tratta soltanto di cittadini marocchini: a tentare la traversata sono spesso anche migranti provenienti dall’Africa subsahariana, arrivati in Marocco dopo lunghi viaggi e costretti a farsi strumento di dinamiche che non li riguardano direttamente.
In più occasioni, infatti, le autorità marocchine sono state accusate di incentivare i movimenti di questi gruppi verso le enclavi, utilizzandoli come leva indiretta nei momenti di tensione diplomatica con Madrid.
Tra rivendicazioni di sovranità e cortesia: l’ambiguità dei rapporti ispano-marocchini
Ceuta e Melilla sono avamposti europei, simboli tangibili della volontà di difesa dei confini esterni dell’Unione. Madrid non intende rinunciare a questi presidi, nonostante le loro radici coloniali rendano il tema delicato agli occhi dell’opinione pubblica, soprattutto per un Paese dalla postura progressista come la Spagna.
Per il Marocco, le enclavi restano delle spine nel fianco della propria sovranità nazionale, nodi irrisolti in un contesto post-coloniale che continuano a evocare rivendicazioni irredentiste. La loro presenza sul suolo africano, fuori dal controllo di Rabat, perpetua una tensione latente.
La rivendicazione marocchina, mai riconosciuta a livello internazionale né tanto meno sostenuta, continua a influenzare profondamente le relazioni bilaterali tra i due Paesi, generando una dinamica asimmetrica nella quale la prevaricazione di Madrid fa sentire Rabat in una posizione di sudditanza.
In questa logica, Ceuta e Melilla rappresentano non solo una frontiera ambigua, ma leve negoziali con le quali Rabat cerca di riaffermarsi a livello regionale e internazionale, anche attraverso l’uso calibrato dello strumento migratorio.
Si potrebbe in un certo qual modo dire che la leva diplomatica abbia funzionato. Nel 2022, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez inviò una lettera ufficiale al re Mohammed VI, dichiarando che la proposta marocchina per l’autonomia del Sahara Occidentale, presentata nel 2007, era la “base più seria, credibile e realistica per risolvere il conflitto”, marcando così un netto cambio di linea rispetto alla storica neutralità di Madrid e incrinando i rapporti con l’Algeria.
Nonostante ciò, nella maggior parte dei settori di rilevanza transnazionale, Marocco e Spagna cooperano. Rabat riceve finanziamenti e supporto tecnico dall’Unione e da Madrid per potenziare i propri controlli alle frontiere, in una relazione asimmetrica e strategica.
Il Marocco è, infatti, un alleato essenziale della Spagna e dell’Unione nel controllo dei confini meridionali dell’Europa, contribuendo a bloccare decine di migliaia di arrivi irregolari all’anno. D’altra parte, è anche l’unico vicino che considera la Spagna un ostacolo strategico al pieno compimento del proprio progetto nazionale.
Questa duplice condizione, partner necessario e rivale obbligato, rende le relazioni bilaterali tra i due Paesi piuttosto complesse, talvolta scomode, imponendo a Madrid l’elaborazione di una strategia specifica e autonoma nei confronti del Marocco, distinta da quella rivolta agli altri Paesi del Maghreb.
P.S. Questa è l’ultima uscita di Lumina della stagione 2024/2025…le nostre uscite torneranno a settembre per la nuova stagione
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