🇮🇱 Israele e gli ebrei ortodossi: la battaglia per l'arruolamento
Chi sono e che ruolo hanno gli ebrei ultra-ortodossi?; le elezioni del 5 novembre e il futuro degli Stati Uniti
Nell’uscita di oggi
🇮🇱 Quale futuro per gli ebrei ultra-ortodossi in Israele?
🇺🇸🔥 Il trionfo di Donald Trump cambierà gli Stati Uniti
🇮🇹 Notizie dall’Italia nel mondo
🌍🔥 Cosa è successo nel mondo questa settimana
🇮🇱 Quale futuro per gli ebrei ultra-ortodossi in Israele?
di Michele Ditto
Martedì 5 novembre, durante l’election day negli Stati Uniti, Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant, sostituendolo con Israel Katz, precedentemente ministro degli Esteri, un ruolo che ora ricopre l’ex guardasigilli Gideon Sa'ar.
L’ex ministro della Difesa era uno dei principali contrappesi nell’esecutivo Netanyahu, e manteneva contatti quotidiani e ad alto livello con l’amministrazione Biden, che negli ultimi mesi ha cercato di mitigare l’influsso delle figure più radicali all’interno del governo israeliano.
I motivi del licenziamento, si apprende da una dichiarazione di Netanyahu alla tv di Stato, sono tre: i dissidi sulla questione degli ostaggi, sulla necessità di un'inchiesta sull'attacco di Hamas del 7 ottobre e sull’estensione del servizio militare agli ebrei ultra-ortodossi.
Riguardo a quest’ultimo tema, Gallant era favorevole al loro arruolamento, in controtendenza con la maggioranza di governo, composto anche dai partiti che li rappresentano, come Shah e United Torah.
Una posizione condivisa anche e soprattutto dall’elettorato laico d’Israele - non sono infatti mancate le proteste a seguito del licenziamento di Gallant - ma che fatica a venire recepita dalle alte sfere di governo.
La pronuncia della Corte suprema a giugno a favore dell’arruolamento degli ortodossi è infatti stata recepita con freddezza dall’esecutivo e il tentativo di richiamare agli obblighi di leva 3mila di loro si è rivelato un fallimento: solo in 230 si sono presentati ai centri di reclutamento.
Chi sono gli ebrei ortodossi (e chi li appoggia)?
L’ebraismo ortodosso si compone di innumerevoli orientamenti e correnti di pensiero, molte delle quali trovano spazio all’interno dello Stato ebraico. La maggioritaria è quella praticata dagli Haredim, che è una delle forme più conservatrici in assoluto - per questo motivo vengono spesso definiti come ebrei “ultra-ortodossi”.
Tra di loro spicca una minoranza, che è quella rappresentata dagli ortodossi ultra nazionalisti. Una categoria di fedeli che abbraccia l’ideologia sionista e si configura addirittura in un battaglione dell’Idf, il Netzah Yehuda, che si è distinto a Gaza per brutalità e aggressività, tanto che gli Stati Uniti l’hanno minacciato di sanzioni.
La maggioranza degli Haredim coltivano tuttavia un rapporto conflittuale con lo Stato d’Israele, dato che non riconoscono la legittimità delle sue istituzioni in quanto laiche. Si configurano infatti come antisionisti, quindi, in ultima istanza, ostili verso lo Stato ebraico. Invero, secondo la loro lettura dei testi sacri, solo il Messia può riconsegnare la terra d’Israele al popolo ebreo.
Questa visione delle cose porta gli Haredim a rimanere ai margini della vita pubblica. Solo la loro sopravvivenza come comunità all’interno di Israele giustifica azioni contrarie alle loro idee, come quella di eleggere i loro rappresentanti alla Knesset in modo da bilanciare le componenti laiche all’interno del parlamento.
Per il resto, la loro vita si configura esclusivamente all’interno delle loro comunità - colonie, villaggi o quartieri - dove vigono rigide regole di natura prettamente religiosa.
Questo stile di vita ha portato negli anni a crescenti dispute con la popolazione laica d’Israele, che considera gli Haredim dei veri e propri “parassiti”, dato che spesso non lavorano e, soprattutto, non partecipano alla leva militare.
Tuttavia, data la delicata situazione in cui versa oggi la politica israeliana e il peso che i due partiti che rappresentano gli Haredim hanno in parlamento - 18 seggi, fondamentali per la stabilità del governo - è importante per lo Stato e la politica badare al rapporto con le comunità di ebrei ultra-ortodossi, che rappresentano un segmento di popolazione sempre più importante al fine di intuire i destini d’Israele.
Perché è così importante la leva militare per gli Haredim
Fu il primo ministro David Ben Gurion nel 1948 a esentare dagli obblighi di leva gli ebrei ultra-ortodossi. Attraverso un accordo chiamato “Torato umanuto” (tradotto: la Torah è il suo lavoro) agli Haredim fu permesso di evitare la coscrizione per dedicarsi allo studio dei testi sacri.
Tuttavia, a causa dell'alto tasso di natalità della comunità Haredi e della sua crescita esplosiva rispetto al resto della società israeliana - oggi sono 1,2 milioni - un compromesso che inizialmente consentiva diverse centinaia di esenzioni oggi significa rinunciare alla leva di circa 66 mila uomini.
Numeri destinati a crescere: gli Haredim rappresentano infatti la componente demografica di Israele che cresce di più: il tasso è del 4% annuo, il doppio della popolazione in generale. Alla fine del 2022, questi rappresentavano il 15% di tutti gli ebrei israeliani in età di arruolamento.
«Con questi numeri – ha detto il capo dell’opposizione Yair Lapid –, l’esercito avrebbe avuto 105 nuovi battaglioni al servizio della sicurezza di Israele». La guerra iniziata il 7 ottobre 2023 ha infatti aumentato l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica verso il tema dell’arruolamento degli ultra-ortodossi.
Dopo il fallito tentativo di arruolare 3mila Haredim, adesso l’Idf ha in programma di inviare 7mila nuovi ordini di leva, con le proteste degli ultra-ortodossi che stanno già montando in tutto il Paese.
Il loro arruolamento, qualora avverrà, contribuirà sicuramente a scardinare quegli elementi di rigido isolamento che caratterizzano la loro vita in comunità. Per la loro permanenza nell’esercito sarebbero inoltre necessarie sistemazioni speciali, come il servizio in unità composte solo da uomini, e regole più flessibili, che consentano, ad esempio, tempi di preghiera prolungati.
La posizione definitiva che assumerà l’esecutivo Netanyahu riguardo a questo tema non è ancora chiara, anche se il licenziamento di Gallant potrebbe fornire un indizio. Al di la del tema della leva, la questione degli Haredim rimarrà comunque al centro della politica israeliana nei prossimi anni, complice il peso demografico che gli ultra-ortodossi avranno all’interno dello Stato d’Israele, che rischia di vedere venir meno quell’elemento di laicità che l’ha sempre caratterizzato.
🇺🇸🔥 Il trionfo di Donald Trump cambierà gli Stati Uniti
Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali americane. O meglio, le ha stravinte. In media, il tycoon ha ottenuto un risultato 2-3 punti più favorevole di quello previsto dai sondaggi, confermando la tendenza delle rilevazioni a sottostimare i repubblicani.
Per la prima volta dal 1893 un presidente sconfitto alle elezioni riesce a tornare nuovamente alla Casa Bianca. Si tratta di una svolta che - anche per le modalità - è destinata a cambiare il corso politico degli Stati Uniti.
La vittoria di Trump in breve:
312 grandi elettori: anche se lo spoglio in Nevada e Arizona è ancora in corso, sembra chiaro che Trump otterrà una maggioranza al Collegio Elettorale che i repubblicani non raggiungevano dal 1988.
Gli stati chiave: con le vittorie in Michigan, Wisconsin, Pennsylvania, North Carolina, Georgia, Nevada e Arizona Trump è riuscito a conquistare tutti quanti gli stati in bilico.
Il voto popolare: per la prima volta dal 2004 - e per la seconda dal 1988 - i repubblicani conquistano anche la maggioranza dei voti in senso assoluto
49/50: sono gli stati americani che si sono spostati verso Trump rispetto al 2020; tutti, con l’eccezione di Washington. In alcune roccaforti democratiche, come New York e California, lo shift a destra è stato superiore ai 12 punti percentuali.
Camera e Senato; il Gop ottiene con almeno 53 voti il controllo del Senato; lo spoglio della Camera è più incerto, ma tutte le possibilità lasciano presagire una maggioranza repubblicana compresa tra 5 e 9 seggi.
Donne, giovani, minoranze: Trump tiene tra le donne, specie quelle bianche, e segna un risultato da record tra giovani (addirittura vincendo il voto dei maschi under 30) e le minoranze, specie quella dei latinos
Leggi le analisi di Aliseo sulla vittoria di Trump:
Perché la vittoria di Trump cambia (per sempre) il futuro politico dell’America (leggilo qui)
Elezioni Usa: perché Trump piace sempre di più a minoranze, giovani e donne (leggilo qui)
Ora che succede? Scoprilo insieme ad Aliseo!
La vittoria di Trump cambierà l’America - quindi, il mondo. Dalla geopolitica alla polarizzazione, potremmo assistere a una svolta. Con tanti fronti aperti in giro per il mondo e una situazione interna molto delicata, le sfide, per il tycoon, sono enormi.
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🇮🇹 Notizie dall’Italia nel mondo
Secondo Quifinanza, l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe danneggiare le imprese italiane per diverse ragioni legate alle sue politiche commerciali. Se Trump dovesse seguire la linea del suo primo mandato, le imprese italiane potrebbero trovarsi nuovamente a fronteggiare aumenti dei dazi su prodotti simbolo del Made in Italy
Amazon Web Services prevede di investire 1,2 miliardi di euro in Italia nei prossimi cinque anni per implementare e ampliare l'infrastruttura e i servizi cloud nel Paese. Lo ha annunciato la società in una nota e lo ha confermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ai microfoni di Radio24.
Oggi, sia i giovani tra i 18 e i 34 anni che gli over 65 sono attratti dall’estero. Il 45,5% degli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) nell’ultimo anno ha tra i 18 e i 34 anni, mentre il 5,5% ha più di 65 anni. La crescita degli over sessantacinquenni è del 12,9%, con una variazione più consistente tra i 65 e i 74 anni - +14%.
Per l’Italia, che è una “cerniera tra due sistemi geopolitici”, investire in difesa “è una necessità, non una scelta”. Lo ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione alla Commissione Esteri del Senato. Per rafforzare le Forze armate serve anche un investimento in ricerca e sviluppo, ha osservato Crosetto.
Dall’inizio dell’anno al 27 ottobre “sono stati rimpatriati 4.514 migranti”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in audizione davanti al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen. Il numero dei migranti rimpatriati “è aumentato del 15% rispetto all’analogo periodo nel 2023 e del 34% rispetto al 2022”, ha sottolineato Piantedosi.
🌍🔥 Cosa è successo nel mondo questa settimana
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Nell'inchiesta relativa a furto di dati e dossieraggio da parte di Equalize, potrebbero essere coinvolti i servizi segreti di Israele. Non sarebbe la prima volta in Italia
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