🇮🇹🪖 L'Italia spenderà il 2% del Pil in Difesa
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Nell’uscita di oggi
🇮🇹🪖 In che modo l’Italia raggiungerà il 2% del Pil alla Difesa?
🇮🇹🪖 In che modo l’Italia raggiungerà il 2% del Pil alla Difesa?
di Michele Ditto
Durante la visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca del 17 aprile, c'è stato un momento significativo, passato tuttavia in secondo piano. Davanti alle telecamere dello studio ovale, la premier ha dichiarato che l’Italia destinerà, a partire da quest’anno, il 2% del Prodotto interno lordo (Pil) alla Difesa. L’annuncio ufficiale arriverà al prossimo vertice della Nato, che si terrà all’Aia dal 24 al 26 giugno.
Nonostante Donald Trump abbia evidenziato che, per l'Italia, il target del 2% non è comunque abbastanza – con il tycoon che in alcune occasioni ha addirittura suggerito di puntare al 5% – l’importo che Roma andrà a investire nelle proprie Forze armate segna un passaggio storico per un Paese che, in Europa, figura tra quelli che spendono meno in assoluto per la propria Difesa.
In che modo l’Italia raggiungerà il 2%?
Lo stesso giorno del viaggio di Meloni a Washington, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante un’audizione in parlamento sul Documento di finanza pubblica, ha assicurato che l’Italia «sarà in grado» di raggiungere l’obiettivo previsto. In che modo? Facendo rientrare nel bilancio per la Difesa altre spese che l’Italia sostiene già.
Un esempio riguarda le pensioni dei militari, che per ora sono incluse nel bilancio dell’Inps, insieme alle spese per lo spazio, la Guardia Costiera, la Guardia di Finanza e alcune voci specifiche della Protezione civile. In sostanza, l'Italia, modificando semplicemente la modalità di conteggio di alcune spese già in atto, riuscirà a coprire gran parte (o forse la totalità) dei circa 10 miliardi di euro all’anno necessari.
Roma spende oggi infatti 35,4 miliardi per la Difesa (stima Milex) e per arrivare a destinare il 2% del Pil, cioè 45,1 miliardi di euro, sarebbe necessario incrementare la spesa annuale di 9,7 miliardi di euro. Se il riordino dei capitoli di spesa non bastasse, o se i vertici della Nato non acconsentissero al “trucchetto” dell’Italia, reperire 10 miliardi di euro in più all’anno non sarebbe una missione affatto semplice per l’attuale esecutivo.
Tra l’altro, il ministro Giorgetti, in linea con la posizione della Lega, ha già chiarito che l’Italia intende conseguire l’obiettivo del 2% evitando di attivare la clausola nazionale per la sospensione del patto di stabilità, opzione contemplata dal programma Defence Readiness 2030, già noto come Rearm Europe, presentato lo scorso marzo dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
Il nodo delle spese
Il taglio di alcune voci di spesa nel bilancio statale potrebbe quindi essere, in ultima analisi, l'unica via percorribile per il governo al fine di rispettare l’impegno assunto. Questo risulta particolarmente evidente considerando che l'Italia ha già tentato in passato di includere spese preesistenti nel calcolo di quelle militari. Sforzi ripetutamente respinti dall’Alleanza perché non conformi alle sue direttive.
La Protezione civile, la Guardia di Finanza e quella costiera non rientrano infatti tra le forze militari secondo le linee guida della Nato, che classifica come spese per la Difesa solo i fondi destinati a «forze che sono addestrate secondo tattiche militari, equipaggiate come una forza militare, in grado di operare sotto autorità militare diretta durante operazioni schierate, e realisticamente impiegabili al di fuori del territorio nazionale».
Tuttavia, secondo fonti dell’esecutivo riportate da Repubblica, le ultime specifiche arrivate dalla Nato consentirebbero l’allargamento di alcune voci. Le informazioni disponibili sono però ancora limitate e, in ogni caso, per ottenere un quadro completo e preciso della questione, sarà necessario aspettare perlomeno il summit Nato all'Aia, dove si intenderà meglio l’orientamento generale dell’Alleanza.
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