Sai come guadagnano i giornali in Italia?
In più: un regalo per gli iscritti a Lumina; come si fa una piccola rivoluzione giornalistica
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Il mondo dell’informazione in Italia attraversa un momento delicato. Stando Digital News Report di Reuters/Oxford solo il 34% degli italiani si fida delle fonti di informazione – in calo rispetto al 2022. Una crisi di fiducia che si è tradotta nell’oramai consolidata tendenza negativa delle vendite dei quotidiani: secondo i dati Ads (Accertamenti Diffusione Stampa) buona parte dei giornali vende meno copie rispetto a un anno fa: -8,5% per il Corriere, -17% per Repubblica, -14% per la Stampa.
Le cause sono molteplici. Per spiegare la crisi di fiducia partiamo da una domanda: come si finanziano i giornali? Il Report di Reuters sopra afferma che la maggior parte dei giornali “si basa ancora sulle pubblicità online per le proprie operazioni digitali”.
Traduzione? I giornali guadagnano vendendo spazi pubblicitari. Da qui la necessità di intercettare traffico a tutti i costi, attraverso titoli clickbait e storie curiose, spesso non verificate o prive di valore – la ricordate la storia della bidella pendolare no?
Questo modello, da qualche anno, è in crisi. La pubblicità online, per una serie di motivi (tra cui la diffusione di servizi come Ad Block), paga sempre meno. Tra 2017 e 2021 gli introiti sono calati del 10%. Nel Report questa viene indicata come una delle cause che hanno portato l’industria giornalistica a licenziare 2400 persone nello stesso periodo – quasi un sesto del totale.
Per rispondere al problema le media company più “smart” hanno elaborato forme più efficienti di pubblicità, come il Brand Journalism – contenuti informativi sponsorizzati da aziende, per i fini delle aziende – o il Native advertising – che si basa su contenuti da pubblicizzare “fusi” con quelli della piattaforma che li ospita (es una Televisione che commissiona a un giornale un articolo sulla storia della Seria A, spingendo implicitamente i lettori ad abbonarsi).
Altre soluzioni individuate sono state le affiliazioni – il giornale spinge i suoi lettori a comprare un prodotto su cui riceverà delle percentuali – o la pubblicità esposta durante gli eventi dal vivo. Il risultato? Oggi pochissimi giornali “vivono di informazione” ma si limitano a guadagnare sull’informazione. Solo il 12% degli italiani investe nella propria formazione, pagando servizi online.
La scelta di Aliseo
Aliseo ha fatto una scelta diversa. Il nostro giornale vuole vivere di sola informazione. Gli introiti (si fa per dire) della nostra attività provengono dagli iscritti al nostro Club e dagli speciali cartacei (a proposito, il prossimo esce tra meno di dieci giorni). E vogliamo che resti sempre così. Magari che anche altri, persino i competitor, inizino a pensarla allo stesso modo.
Aliseo Plus è il primo strumento che ci siamo dati per farlo. Gli iscritti ricevono ogni giorno un report da una diversa area del mondo e la versione digitale dei nostri speciali (oltre all’accesso alla chat con noi). È un servizio giornalistico. Quello che nella nostra visione delle cose dovrebbero voler vendere i giornali.
Vogliamo che le fortune del nostro giornale dipendano solo dal nostro Club. Implicitamente, questo ci costringe a tenere alta la qualità dei contenuti – sennò, giustamente, ci si disiscrive.
Sappiamo che fidarsi di un prodotto che non si può toccare è difficile. Sarebbe impossibile il contrario, in un ecosistema informativo che ha dolosamente ridotto il giornalismo digitale a sensazionalismo. Per questo Aliseo Plus si può provare in maniera gratuita. In genere, chi prova resta: il 95% degli iscritti oggi è soddisfatto o molto soddisfatto, mentre il 94% crede che Plus abbia un prezzo corretto o troppo basso.
Aliseo vuole iniziare una piccola (magari grande, un domani) rivoluzione giornalistica. Aliseo Plus è il primo passo.
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