🇨🇳🇺🇸 Usa-Cina: non sarà una nuova Guerra Fredda
Come leggere la competizione tra Washington e Pechino; le elezioni del 5 novembre e il futuro degli Stati Uniti
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🇨🇳🇺🇸 Cina contro Stati Uniti: come leggere la sfida del secolo
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🇨🇳🇺🇸 Cina contro Stati Uniti: come leggere la sfida del secolo
di Michele Ditto
La competizione tra la Repubblica Popolare Cinese e gli Stati Uniti per l’egemonia globale non è mai stata “scontata”. L’ascesa della Cina a principale sfidante della primazia americana non era una prospettiva realistica anche solo vent’anni fa, men che meno ai tempi dell’apertura americana a Pechino in funzione antisovietica negli anni Settanta o del placet per il suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001.
Due eventi che hanno informato quella prospettiva, per cui oggi, trattando delle relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti, parliamo di “contesa per il mondo”, ma che non sono i motivi strutturali per i quali questa competizione oggi esiste e continua a essere costantemente alimentata.
L’aspettativa degli Stati Uniti, ora limitata solamente nella testa di qualche policymaker, è sempre stata quella di democratizzare la Cina tramite l’influenza che la globalizzazione - che non si riduce mai a beni di consumo, ma che comprende soprattutto idee e valori - avrebbe avuto sulla popolazione cinese, che non aspettava altro che di liberarsi dalla dittatura del Partito comunista.
Un abbaglio, questo, che poteva essere partorito dagli Stati Uniti solamente durante il loro momento unipolare. Al contrario, negli ultimi anni la leadership espressa dal presidente Xi Jinping ha ridotto ulteriormente le libertà e, grazie alla crescita spaventosa del Pil cinese, è riuscita a mettere in piedi un’infrastruttura militare che oggi rischia di eguagliare quella americana.
Perché la competizione tra Cina e Stati Uniti è peculiare
Negli ultimi due decenni la Cina ha approfittato delle distrazioni degli americani. Pechino ha di fatto finanziato la guerra in Afghanistan comprando ingenti quantità di titoli di Stato statunitensi - nel 2023 la Cina possedeva 821 miliardi di dollari di debito pubblico americano - e cercando al contempo di mitigare la portata delle sue ambizioni revisioniste.
Questo legame economico - inconsueto per due potenze che competono ai massimi livelli - è stato più volte assunto, assieme al dato degli scambi di beni e servizi, che costituiscono una relazione commerciale da 700 miliardi di dollari, a paradigma per spiegare l’impossibilità che Cina e Stati Uniti guerreggeranno in futuro.
Tuttavia, avanzare la tesi che, siccome due potenze siano interdipendenti sul piano economico, la guerra svanirà dalle loro prospettive, è un assioma che è già stato smentito in più occasioni dalla storia, l’ultima volta in Ucraina. “Dove passano le merci non passano gli eserciti”, la celebre frase dell’economista francese Claude-Frédéric Bastiat, non è vera in assoluto.
Per assurdo, il sistema bipolare della Guerra Fredda, in cui Stati Uniti e Unione Sovietica rappresentavano due sistemi a sé stanti, favoriva una stabilità maggiore, dato che la competizione veniva riservata a quelle aree del mondo dove gli interessi vitali delle due superpotenze non erano direttamente chiamati in causa.
In particolare, l’Urss era a capo di un’area del globo talmente ampia che mancava di una definizione geografica adatta, ma che rappresentava un sistema-mondo autonomo con un’infrastruttura imperiale secolare e ben strutturata. Al contrario, oggi la Cina non è potenza egemone in Asia, e dunque non può trincerarsi in un sistema sinocentrico autarchico, dato che anche lei dipende dall’esterno.
La competizione è scontata all’interno di quegli spazi dove non c’è un potere assoluto e definito e risulta difficile anche tracciare i confini di quest’ultima. Il risultato è che la rivalità tra Washington e Pechino è potenzialmente più esplosiva di quella intercorsa tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, semplicemente perché è totale e non conosce spazi definiti.
I livelli e le dimensioni della competizione sono infatti innumerevoli, e richiedono una costante attenzione da parte di entrambe le parti per non pestarsi i piedi a vicenda.
Una linea rossa in particolare è comunque già stata tracciata. Si tratta di Taiwan. Invero, se guerra sarà, avverrà probabilmente a causa dell’”isola ribelle”, territorio conteso per il quale, in passato, Cina e Stati Uniti si sono già trovati a un soffio dalla guerra.
Una cosa per ora è certa: la scommessa degli Stati Uniti nei primi anni Duemila di addomesticare la Cina tramite l’influsso “benefico” della globalizzazione è fallita. Anzi, potrebbe aver avuto il peggiore degli effetti indesiderati per Washington, ovvero quello di facilitare il definitivo tramonto dell’America come unico egemone globale, e aver benedetto il ritorno in auge del Celeste Impero.
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Il 5 novembre si tengono le elezioni americane: saranno un indice importante sulla salute degli Stati Uniti… quindi, saranno cruciali anche per capire la direzione geopolitica che la superpotenza vorrà intraprendere.
Vanno esaminate sotto due lenti in particolare: gli effetti sulla polarizzazione interna e quelli sulla politica estera americana di una vittoria di Trump o di Harris. Quello che succederà prima, durante, ma soprattutto dopo le elezioni, ci dirà molto sul futuro degli Stati Uniti.
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🇮🇹 Notizie dall’Italia nel mondo
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si recherà il 6 novembre in Cina per una missione diplomatica volta a consolidare la cooperazione culturale nell’ambito del delicato riassetto delle relazioni bilaterali dopo l’uscita dell’Italia dalla Nuova via della seta, formalizzata lo scorso dicembre.
«L’Italia è tornata a crescere. Se consideriamo gli ultimi cinque anni, il Pil nazionale è aumentato percentualmente più di quelli francese e tedesco. L’occupazione cresce, e così i contratti di lavoro a tempo indeterminato». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricevendo al Quirinale i Cavalieri e gli Alfieri del lavoro.
Il viceministro italiano dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Claudio Barbaro, ha dichiarato che il 'Manifesto della gioventù rurale', presentato alla Cop16 di Cali, in Colombia, "è perfettamente in linea con i principi della cooperazione italiana nel campo dello sviluppo sostenibile".
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano Marina Calderone e il suo omologo moldavo, Alexei Buzu, hanno firmato a Roma l’Accordo bilaterale in materia di sicurezza sociale, che prevede la possibilità di totalizzazione dei contributi previdenziali. “Si tratta di un segnale di attenzione nei confronti […] della comunità moldava in Italia […] un segno concreto del sostegno italiano al percorso europeo della Moldova” ha commentato il Ministro Calderone.
Il governo italiano ribadisce “l’impossibilità” di riconoscere la vittoria di Nicolas Maduro alle presidenziali del Venezuela tenute a fine luglio. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante il convegno “Status Venezuela dopo elezioni – La repressione come unico programma di governo – La rotta verso l’insediamento del presidente eletto”, alla Camera dei deputati.
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